Ciclo unico: se unico non è un ciclo.

iodagrande

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Può la scuola ritenersi estranea da colpe se in italia è nei paesi occidentali ha assunto dimensioni considerevoli la credenza sul #terrapiattismo ed altre teorie totalmente infondate e contrarie all’evidenza?

Certo non si può dire che simili idee vengono insegnate a scuola, ma è sufficiente ciò per ritenere la scuola esente da colpe?
Su quale terreno attecchiscono certi semi e chi lo ha preparato?

Forse dovremmo andare a ricercare all’interno di metodologie e tecniche d’insegnamento quelle falle o quegli atteggiamenti che ben predispongono i giovani del domani ad arrivare a conclusioni talmente distanti dalla realtà da demolire ogni progresso scientifico ed ogni scoperta ?

Una delle maggiori possibilità di disorientamento riguarda l’uso delle parole. Se le parole non hanno significato univoco e generalizzato è facile che vi siano fraintendimenti ed associazioni di idee fuorvianti. Queswto è un meccanismo che il MARKETING ben conosce e lo utilizza per direzionare l’attenzione nella maniera voluta partendo da un’argomentazione del tutto differente.La scuola di oggi è OSSESSIONATA dall’accrescimento del vocabolario e tale ossessione è stata talmente esaltata che i bambini ed addirittura i loro professori ed i legislatori usano parole A SPROPOSITO ben lontane dal loro significato e tralasciando totalmente l’origine etimologica della parola e le sue radici.

Fin dall’introduzione dei termini del tipo “non vedente”, “diversamente abile”, “collaboratrice domestica” e camuffamenti vari (ben utili a mettere a posto le coscienze) si sarebbe dovuto capire che la razionalità veniva sempre più lasciata da parte e si stava introducendo la rottura del legame tra parole e significato delegandolo al contesto.

Ne è un esempio eclatante la definizione di scuola a “Ciclo unico”: ma se è unico non è un ciclo!! O anche “ciclo di studi”….. o forse volevi dire “il corso di studi”. Evidentemente nella mente del legislatore gironzolava la parola “ciclo” tirata in ballo sia ecologicamente sia nell’attività ovulatoria femminile.

Quando è stata redatta la riforma a ciclo unico, possibile non vi sia stato qualcuno in grado di astrarsi e rendersi conto che il termine era usato a sproposito ed era solo il risultato di mode e pregiudizi? Nessuno che abbia fatto risaltare la contraddizione presente già nella denominazione della riforma attraverso una parola che, come si vedrà, caratterizza tutta la riforma stessa: il ciclo.
Tale parola infatti viene usata prevalentemente per indicare un qualcosa che si ripete in continuazione ricominciando una volta terminato.

Se provate a fare una ricerca su google inizierà ad emergere come tale parola sia di fatto l’ossessione del legislatore: i risultati che vengono elencati dall’algoritmo riguardano solo il ciclo mestruale.

Eppure anche i veicoli a due ruote traggono la loro denominazione dal movimento a pedali o del motore che si ripete in continuazione.

In ogni caso, non si vede come tale parola possa essere associata ad un percorso formativo o ad un corso di studi dove mai si torna indietro o si ricomincia dall’inizio.
Ma perchè allora è stata scelta tale parola per identificare un cambiamento a dir poco epocale nella scuola? Probabilmente per motivi legati marketing, cercando una parola che catturasse l’attenzione e predisponesse positivamente  sia la stragrande maggioranza dell corpo insegnate sia il genitore che molto spesso si occupa del figlio che va a scuola.

La parola #ciclo infatti è una parola emotivamente molto carica per le donne, un’ossessione mensile che ne scandisce la vita ed stabilisce indiscutibilmente la loro infanzia, la loro giovinezza,la loro vecchiaia. Il ciclo determina l’attività sessuale ed anche l’umore e la capacità di relazionarsi delle donne.
Il ciclo è quella attività organica che principalmente differenzia e distingue i maschi dalle femmine.

Dal titolo della riforma già si sarebbe dovuto capire che si stava facendo qualcosa il cui scopo recondito è quello di ottenere consensi femminili.

Un’altro mattone per costruire la femminizzazione della società e con essa l’abitudine all’utilizzo improprio delle parole

Si doveva capire che sarebbe iniziata una società dove le parole vengono impiegate secondo l’immaginazione (tipico stile inglese) e non secondo un significato preciso e circoscritto o secondo una logica. Le parole vanno “sentite”.

Dal titolo della riforma si doveva capire che la scuola del ciclo unico sarebbe stata la scuola delle parole usate a sproposito dei contro sensi dato che un ciclo, se è unico non è un ciclo.
Dall’utilizzo di tale parola si poteva capire che il recondito e ben occulto obiettivo finale da raggiungere negli anni a venire sarebbe stato l’azzeramento del maschile e quindi del genere. I profondi mutamnenti non avvengono rapidamente ma secondo un piano inclinato che rende impercettibile l’obiettivo finale.

Ciclo unico: se unico non è un ciclo.ultima modifica: 2021-11-02T13:57:29+01:00da fab_kl
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