Tecniche di condizionamento implicito e teorie della comunicazione

Oggi è possibile leggere l’attualità nazionale ed internazionale soprattutto attraverso il filtro classico dei giornali e dei media, i quali ragionano ed operano secondo il concetto del frame, ovvero tendono costantemente a riconfermare la visione della realtà che essi stessi hanno di volta in volta generato, secondo un meccanismo talmente semplice ed efficace che il giornalista non deve neanche ricevere la classica telefonata di chi gli dice “devi scrivere questo e in questo modo”. A volte capita, ma non è necessario. Una volta che lo spin doctor ha stabilito la cornice, gli scopi e la visione da considerarsi legittimamente corretta, mentre tutte le altre non lo sono, tutto il resto avviene automaticamente, perché i giornalisti vanno in maniera inerziale verso la direzione che crea maggiore consenso intorno a loro, cioè verso il loro pubblico, nei confronti del proprio elettorato e verso i propri colleghi.

Questo accade praticamente in tutti i giornali del mondo ed è un meccanismo che si alimenta da solo. Ecco perché, se compri diversi giornali e guardi i telegiornali di diverse emittenti, sei colpito dal fatto che la scelta delle notizie appare sempre la stessa e gli argomenti vengono spesso trattati nella medesima maniera. Le prime pagine dei grandi quotidiani nazionali hanno sempre gli stessi titoli e gli stessi argomenti. Qualcuno potrebbe considerarla una casualità, ma se si pensa che la redazione di un giornale di media grandezza riceve fra i sei e di diecimila lanci di agenzia, esistono potenzialmente migliaia di notizie dalle quali attingere, eppure la scelta ricade sempre su quelle dieci che finiscono in prima pagina per essere trattate tutte alla stessa maniera. Un risultato che non potrebbe essere raggiunto nemmeno condizionando direttamente i singoli giornalisti, mentre diventa possibile applicando tecniche di condizionamento implicito che hanno effetti straordinari.

Pensate che le tecniche di persuasione e condizionamento delle masse attraverso i media non sono affatto moderne, poiché risalgono tutte al periodo antecedente o immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale. Si parte dalla teoria ipodermica di Harold Lasswell, conosciuta anche come “bullet theory”, secondo la quale i mass media sono potenti strumenti persuasivi che agiscono su una massa passiva ed inerte, costituita da individui indifferenziati, isolati, atomizzati, anonimi e poco colti, senza organizzazione né leadership, facilmente suggestionabili e contraddistinti da comportamenti collettivi uniformi. In essa viene coniato per la prima volta il concetto di target, bersaglio, utilizzato ancora oggi nel campo della comunicazione e del commercio, partendo dal presupposto che ad uno stimolo inviato attraverso i media corrisponda una precisa risposta dell’audience. Successivamente furono introdotte nella teoria due variabili come le caratteristiche psicologiche e i fattori sociali di relazione e differenza all’interno della massa, prevedendo quindi un nuovo fattore definito di “resistenza” nella relazione stimolo-risposta.

Fra gli anni ’40 e ‘50 fece la sua comparsa la teoria della persuasione di Edward Tolman, secondo la quale i media, attraverso l’efficacia persuasiva della propaganda, erano in grado di modificare l’atteggiamento (predisposizione acquisita) della massa e, di conseguenza, il comportamento, ad esempio negli acquisti o nel voto. Le ricerche in tal senso vertevano sull’audience e sul contenuto ottimale del messaggio, in particolare verso gli aspetti di interesse, esposizione selettiva (condivisione), percezione selettiva (assimilazione) e memorizzazione selettiva, con individuazione dell’effetto “bartlett” basato sulla lunghezza del messaggio e dell’effetto “latente” basato sulla lunghezza dell’esposizione al messaggio.

Uno studio realizzato da Lazarsfeld, Berelson e Gaudet nel 1944, intitolato “The people’s choice. How the voter makes up his mind in a Presidential campaign”, dimostra come il rapporto tra media e destinatario non è sempre diretto ma è mediato da particolari figure, gli opinion leader, che, considerati competenti per alcune materie, interpretano e diffondono il messaggio proveniente dai media. Il flusso della comunicazione, quindi, viene considerato suddiviso in due fasi (two-step flow of communication): una fase avviene direttamente tramite i media mentre un’altra è interpersonale fra diversi soggetti. Lo studio dimostra anche che solo il 5% degli elettori viene influenzato direttamente dai media, perciò si parla di teoria degli effetti limitati o minimal effects, poiché l’effetto dei media viene attenuato dalle appartenenze di gruppo (rapporti orizzontali) e dall’influenza dei leader d’opinione (rapporti verticali). Nella nostra società, le appartenenze di gruppo sono costituite principalmente dall’etnia, dalla religione, dal partito politico, dalla classe sociale e dalla professione, mentre i leader d’opinione sono perlopiù rappresentati dai vari “esperti” che talk show, spettacoli di intrattenimento e rubriche di approfondimento propinano tutti i giorni, in qualità di individui particolarmente interessati e coinvolti sul singolo tema, dotati di ottime conoscenze su di esso e in grado di esercitare una certa influenza sul pubblico. Molto spesso, questi stessi esperti agiscono da gatekeepers, cioè da veri e propri guardiani della soglia, poiché si impegnano a difendere la versione ufficiale e la realtà costruita dai media da qualsiasi attacco o tentativo di controinformazione.

A completare il quadro si sono aggiunte, nel tempo, la teoria funzionalista, caratterizzata da un approccio globale al fenomeno della comunicazione di massa in cui si analizza la funzione globale del sistema mediatico sulla produzione e sulla diffusione quotidiana dei messaggi, la teoria degli usi e delle gratificazioni, fondata sull’assunto che i media svolgono un servizio pubblico e che i loro effetti non sono diretti ma dipendenti dall’uso che gli individui ne fanno per le proprie necessità, la teoria critica, fondata sulla reinterpretazione del pensiero marxiano e caratterizzata da una posizione negativa verso i mass media, la teoria culturologica, che considera la cultura non come un sistema statico di idee e testi ma come un processo sociale di continua produzione, distribuzione e consumo, e l’analisi degli effetti a lungo termine, secondo la quale i media non influenzano direttamente il comportamento del pubblico bensì l’esposizione prolungata alla comunicazione di massa, nel lungo periodo, modifica l’atteggiamento dell’individuo e la sua percezione della realtà, con effetti cognitivi ed effetti cumulativi.

 

Agenda setting ed effetti a lungo termine

Proprio dall’analisi degli effetti a lungo termine giungono gli spunti più interessanti (e preoccupanti), in particolare nell’ambito degli effetti cumulativi e del potere dei media. Secondo l’ipotesi dell’agenda setting, i media evidenziano, all’interno della realtà, una serie di problemi (focalizzazione) fornendo quindi dei quadri interpretativi (frame) mediante i quali recepirli, generalmente per ragioni di tipo economico, politico o geopolitico. Come risultato, lo spettatore (la massa) si convince che accade o che conta solo ciò che la radio, la televisione e i giornali scelgono di riportare, ma soprattutto che tutto ciò accade esattamente nel modo in cui viene illustrato o riportato. Da qui il concetto di definizione dell’agenda quotidiana della massa, mediante la quale vengono definiti, allestiti e proposti gli argomenti ai quali la gente deve pensare e sui quali deve discutere, quindi, in definitiva, il pubblico è portato a dare importanza ed attenzione solo agli argomenti, ai fatti, agli eventi e alle persone cui i media danno risalto. Un altro, terribile risultato è costituito dalla dipendenza cognitiva che il pubblico manifesta verso i media e che rivela effetti a lungo termine dovuti al fatto che le nuove conoscenze impartite sono strutturate sulla base delle vecchie conoscenze già strutturate in precedenza. Fortunatamente, sembra che l’individuo non sempre adotti l’agenda proposta dai media, soprattutto se già dotato di una consolidata gerarchia di temi cui è particolarmente interessato, bensì sia più portato ad integrare la propria agenda personale con quella proposta dai media, un fenomeno definito “persuasione temperata dalla persistenza”.

Resta il fatto che i media polarizzano l’attenzione del pubblico, la cui comprensione ed interpretazione della realtà è in gran parte mutuata proprio dai media, tanto che il divario fra il patrimonio di informazioni, conoscenze e rappresentazione della realtà sociale che l’individuo apprende dai media e la porzione di realtà che egli esperisce personalmente, si è enormemente allargato nella società contemporanea. Il ruolo centrale dei media genera sempre più sezioni della realtà cui gli individui accedono quotidianamente solo attraverso la mediazione dei mezzi di comunicazione di massa, che si limitano a fornire le notizie, ma le dotano di apposite “istruzioni” sulla loro collocazione semantica, generando di fatto una “metacomunicazione”.

La teoria della coltivazione afferma che i media coltivano lo spettatore dall’infanzia all’età adulta, offrendogli una visione del mondo e della realtà comune e condivisa, costruendo ed omogeneizzando la cultura, mentre la teoria della spirale del silenzio di Noelle-Neumann afferma che i soggetti non sono direttamente suggestionati dai media ma interagiscono fra loro, si scambiano informazioni ed opinioni, e hanno la capacità di percepire quali opinioni siano socialmente prevalenti e quali no. Proprio su questa percezione si basa l’espressione dell’opinione, poiché i soggetti sono più portati ad esprimere quelle opinioni che percepiscono come socialmente condivise, reprimendo quelle non socialmente accettate. Secondo questa teoria, il sistema dei media tende a diffondere alla massa un messaggio culturalmente omogeneo, accuratamente celato dietro le apparenti e superficiali differenze di tendenza politica o di genere, generando fenomeni di consonanza e cumulatività che escludono autonomamente tutte quelle informazioni ritenute in qualche modo devianti.

Quando l’opinione pubblica si conforma al messaggio diffuso unitariamente dai media, ai soggetti sociali che sostengono idee diverse non rimane che il silenzio, poiché risulta estremamente difficile, se non impossibile, sostenere un’idea che i media tacciono. I media, inoltre, rafforzano costantemente le idee che diffondono (ricordate l’euro e lo spread?) e forniscono anche le argomentazioni necessarie per difenderle, cosa che non accade alle idee minoritarie che vengono così fagocitate, appunto, in una spirale del silenzio.

La teoria dello scarto di conoscenza (o “knowledge gap theory”) di Tichenor, Donohue e Olien (1970) riconosce ai media la capacità di costruire un comune universo simbolico di riferimento e di aggregare e definire un’identità culturale, pur con l’evidenza empirica che gli individui con più elevato livello socio-economico e di istruzione hanno maggiori opportunità di acquisire le informazioni. Di conseguenza, l’incremento di informazione della società moderna non comporta un uguale ed effettivo aumento di conoscenze per tutti i soggetti della massa, anzi, secondo questa teoria i media amplificano e riproducono le differenze sociali e culturali, addirittura generandone di nuove. La teoria della dipendenza di Ball-Rokeach e deFleur (1985), infine, afferma che nella società contemporanea, la sfera d’esperienza vissuta direttamente dall’individuo è limitata rispetto alla parte di realtà sociale che ciascuno di noi conosce attraverso la mediazione della comunicazione di massa. Tra il pubblico e il sistema mediatico si crea così un rapporto di dipendenza poiché i media raccolgono, creano ed elaborano l’informazione e poi la distribuiscono, controllando di fatto le risorse che consentono agli individui di conseguire i propri obiettivi.

 

La verità dapprima celata, poi ignorata

Il famoso psicoterapeuta Sigmund Freud fu il primo a sostenere che fosse la mente inconscia, dinamica ed attiva, a prendere le decisioni, sulla base del fatto che la mente consti in larga misura di un inconscio che, molto probabilmente, alimenta il conscio con ciò che diverrà pensiero. Come questo si traduca in condizionamento, lo spiegò già nel 1922 il giornalista Walter Lippmann affermando che

“le immagini che gli esseri umani hanno nella testa, le immagini di sé stessi, degli altri, dei propri scopi ed obiettivi, delle proprie relazioni, rappresentano le loro opinioni pubbliche. Quando queste immagini vengono gestite da gruppi di persone o da persone che agiscono in nome di gruppi, esse diventano Opinione Pubblica, con le iniziali maiuscole”.

Proprio attraverso i media – sosteneva Lippmann – la maggior parte delle persone elabora quelle immagini nella testa che garantiscono ai media “un potere spaventoso”.

I mass media sono in grado di raggiungere sempre maggiori quantità di persone con i loro messaggi programmati, prestabiliti, e ciò rappresenta la chiave per la creazione di “ambienti controllati” per il lavaggio del cervello, a patto che le vittime non se ne rendano conto. Ecco perché è fondamentale che siano presenti numerose fonti d’informazione, con messaggi omogenei ma sufficientemente diversi da mascherare la sensazione di un controllo esterno. Quando possibile, questi messaggi devono essere offerti e rinforzati attraverso la macchina dell’intrattenimento, da consumarsi senza coercizione per dare alla vittima l’impressione di aver scelto di propria volontà tra diverse opzioni e programmi.

Nel suo libro “L’Opinione Pubblica”, Lippmann osserva come la gente tenda a ridurre problemi complessi in formule semplicistiche, in schemi, formando la propria opinione secondo ciò che credono che gli altri intorno a loro credano. Di conseguenza, la verità non è quasi mai interiore all’individuo, ma è creata e rimodellata dalla sua mente per conformarla ai modelli sociali che ha deciso di condividere (ricordate il concetto di frame?). Infatti, le notizie fornite dai media sono avvolte inevitabilmente in un’aura di realtà, poiché l’individuo medio tende a pensare che “se non fossero reali, perché mai sarebbero state riportate?”. A questi concetti si somma l’assioma sostenuto dallo psicologo e filosofo statunitense William James, secondo il quale

“di fronte ad una novità, la gente pensa: non è vera. In seguito, quando la verità diventa palese, la gente pensa: comunque non è importante. Infine, quando la sua importanza appare innegabile, la gente pensa: però non è una novità”.

Il caso principe in cui ciò accade continuamente è proprio quello della geoingegneria criminale clandestina (in poche parole, l’irrorazione di miscele di polimeri, metalli pesanti, veleni e altri composti nell’atmosfera e l’uso del sistema HAARP per la manipolazione della ionosfera mediante onde ELF ad altissima potenza, entrambi perpetrati dalle forze NATO con il tacito assenso del nostro esercito e del nostro governo): a fronte delle numerose informazioni ormai largamente disponibili e delle svariate ed incontestabili evidenze, poiché il crimine viene perpetrato su scala planetaria ed ha effetti terribili sull’intero ecosistema, sul clima, sulla salute e sulla mente umana, la gente tende a reputarlo non vero e ad escluderlo dalla propria cognizione. Adesso stiamo pian piano entrando nella fase successiva, quella in cui la verità è sempre più palese, ma la gente, offuscata dalla becera opera di controinformazione e opportunamente rassicurata dal silenzio dei mass media, non ritiene importante la questione, nonostante questa riguardi la salute e la sopravvivenza degli esseri umani e del nostro pianeta. La terza ed ultima fase si verificherà, di conseguenza, come descritto da James. Il medesimo meccanismo si è già verificato per altri eventi eclatanti come l’undici settembre, Fukushima o Ustica.

 

Complotto o natura umana?

Abbiamo visto, quindi, come l’attuale sistema dei mass media sia studiato e costruito per orientare le masse, grazie alla complicità e all’inerzia di figure ormai totalmente passive tuttora definite “giornalisti”, che si limitano a conformarsi al pensiero comune e a cercare il consenso generale, forse anche qualche vantaggio personale, senza alcun approfondimento giornalistico né indipendenza. Abbiamo visto come gli spin doctor, posti appositamente in cima alla piramide dell’informazione, siano in grado di orientare efficacemente l’opinione pubblica attraverso l’accurata costruzione di una verità falsa, rimodellata e costruita ad arte, utilizzando apposite tecniche di comunicazione e meccanismi di persuasione subdoli ma straordinariamente efficaci. Abbiamo visto come il sistema d’informazione sia perfettamente in grado di generare un divario sociale sempre più importante e di creare nella massa una vera e propria dipendenza. Abbiamo visto, infine, come la mente umana si faccia agevolmente imbrigliare e dirigere a causa di meccanismi inconsci che la maggior parte degli individui non è ancora in grado di constatare né di neutralizzare, fino a lasciarsi rinchiudere le mente in una prigione le cui sbarre sono rappresentate dall’opinione pubblica prevalente, dalla spirale del silenzio, dalla cornice informativa di cui dispone e dalla profonda paura di guardare in faccia la verità e, quindi, sé stessi.

La realtà che ci circonda è costruita nella nostra mente e, quindi, ai nostri occhi, in base alla nostra percezione. La nostra percezione è basata sulla nostra cultura e sulle informazioni che assimiliamo. La cultura e le informazioni sono costruite ad arte dai mass media proprio per ottenere precisi effetti a lungo termine sulle masse, indirizzando l’opinione pubblica, modificandone di conseguenza il comportamento, le scelte e le azioni. Perché ci riescono? Semplice, perché la maggior parte di noi ha scelto di smettere di pensare, di cercare e di capire, lasciando atrofizzare il proprio spirito critico a favore di una superficialità fatta di vizi, inedia, futile intrattenimento e una varietà di valori infimi, dalla quale viene il grande successo di programmi televisivi e rubriche di gossip, sesso, sport e altre amenità.

Malcolm X ci ammonì chiaramente:

“Se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono”.

Luoghi comuni, dogmi, falsi principi, credenze ed errate deduzioni condizionano ormai la nostra intera vita e sono il fondamento della costruzione artefatta della realtà che ci circonda. Una realtà costruita per noi perché noi per primi non vogliamo o non siamo in grado di costruirla. Tutto ciò appare frutto di un complotto appositamente ordito per controllare e soggiogare le masse, eppure sembra anche che esso non sia altro che la risposta ad una precisa domanda generata nel tempo proprio dall’essere umano stesso e abilmente sfruttata dal sistema mediatico con il suo implicito consenso.

Ma allora, secondo voi, perché accade tutto ciò? A causa di un ipotetico complotto o della nostra natura umana? Sarei onorato di conoscere il vostro pensiero.

 

Tecniche di condizionamento implicito e teorie della comunicazioneultima modifica: 2021-01-23T16:40:33+01:00da fab_kl