Come nasce il politically correct

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Fra le più deliranti condotte degluttite dalle società occidentali, quelle emersi recentemente nell’industria delle comunicazioni audio e in ambito informatico rendono l’idea della necessita non di FARE RIFORME ma di RIFARE LE FORME. D’ora in poi un operaio, se non vuole essere accusato di sessimo, non potrà più parlare di jack maschio e jack femmina, e dovrà sostituire questi termini con spina e presa. Quanto agli informatici, guai parlare di architettura master-slave, che evocherebbe il dramma della schiavitù. E guai pure a parlare di quantum supremacy (supremazia dei calcolatori quantistici su quelli tradizionali): la parola supremacy è proibita, perché rischia di evocare il suprematismo bianco.

Francamente non si riesce a capire come le donne NON siano portate a considerare come  “denigratoria delle donne” la definizione di attivo e passivo (il primo carico emotivamente in maniera positiva, il secondo negati) appicata alla sessualità gay e riferita al rapporto sessuale nel quale chi ha un ruolo tipicamente femminile viene definito passivo.

Quando, esattamente, sia nato il “politicamente corretto” nessuno lo sa. Sul dove, invece, siamo abbastanza sicuri della risposta: negli Stati Uniti. La sinistra americana, un tempo concentrata – come la nostra – sulla questione sociale, ossia sulle condizioni di lavoro e di vita dei ceti subalterni, a un certo punto, collocato tra le fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, ha cominciato a occuparsi sempre più di altre faccende, come i diritti civili, la tutela delle minoranze, l’uso appropriato del linguaggio. Lo specifico del politicamente corretto delle origini era proprio questo: riformare il linguaggio.

piagheditaliaSe questa deriva sia stata o meno suggerita o finanziata o fomentata da chi avesse interesse che le lotte di classe venissero accantonate dalle nuove generaioni, non è dato saperlo. Se vi siano state sinergie con interessi legati a far interpretare la realtà in maniera irreale, è un’opinione

Questa posizione, profondamente idealistica e anti-marxista, condusse, nel giro di un decennio, a conferire una centralità assoluta ai problemi del linguaggio, e a creare un fossato fra la sensibilità dei ceti istruiti, urbanizzati, e tendenzialmente benestanti, e la massa dei comuni cittadini, impegnati con problemi più terra terra, tipo trovare un lavoro e sbarcare il lunario. Fu così che non solo venne venne bandita la parola “negro” (sostituita con prima con nero e poi con “di colore”, di fatto cancellando un’identità invece di rivalutarla), e per decine di altre parole relativamente innocenti (come cieco, sordo, signorina, spazzino, bidello, handicappato, donna di servizio), vennero creati doppioni più o meno ridicoli, ipocriti o semplicemente astrusi: non vedente, operatore ecologico, collaboratore scolastico, diversamente abile, collaboratrice familiare.

Fin dai primi anni ’80, l’ipocrisia e la natura anti-popolare di questa svolta linguistica, che preferiva cambiare il linguaggio piuttosto che la realtà, prese subito piede fra gli snob di una borghesia medio alta che in tal modo si innalzavano ad un livello di superiorità culturale che metteva in secondo piano le lotte proletarie e faceva abbassare la mira nei confronti di una borghesia che cercava di dipengersi meritevole di consensi. Di fatto si creava una frattura fra linguaggio pubblico e linguaggio privato, fra l’élite dei virtuosi utenti della neo-lingua e i barbari che continuavano a chiamare le cose come si era fatto per secoli e secoli senza che nessuno si offendesse.

Questa è una storia del secolo scorso. Una storia che seguendo l’ormai consacrata teoria del piano inclinato, senza alcuna mutazione rivoluzionaria ma con un impercettibile costante cambiamento giornaliero, raggiunge nel tempo risultati che all’inizio sembravano pura follia.

Chi crede che, oggi, il politicamente corretto sia usare una parola giusta al posto di una sbagliata si è perso la parte più interessante del film. Un film che in Italia è ancora alle prime battute, ma in America è andato molto avanti, in un tripudio di scene estreme e di effetti speciali. Basti pensare alla vicepresidente degli Stati Uniti d’America che ha promesso di modificare profondamente quella lingua che un imperialismo culturale efficace ha ormai imposto in tutto il mondo come lingua veicolare: l’inglese.

BusStessa sorte sembra subiranno capolavori artistici  e opere d’arte che oggi nessuno sarebbe in grado di creare nonostante le evoluzioni tecnologiche. La cosiddetta cancel culture, secondo cui tutta l’arte e la letteratura del passato, andrebbe giudicata con i nostri attuali parametri etici, e censurata o distrutta ogniqualvolta vi si trovano espressioni, immagini, o segni potenzialmente capaci di turbare la sensibilità di qualcuno. Le case editrici si dottano di #sensitivity readers, che passano al setaccio i manoscritti non per valutare il loro valore artistico, ma per vedere se contengono anche la minima traccia di idee che potrebbero urtare qualcuno. Le statue dei grandi personaggi del passato vengono distrutte o imbrattate. I dipinti di Paul Gaugin vengono censurati perché il pittore aveva sposato una minorenne. Il finale della Carmen di Bizet viene capovolto, perché nel finale la protagonista viene uccisa da don Josè, e noi non ce la sentiamo di mettere in scena un femminicidio (ma un omicidio messo in atto da una donna sì ).

I metodi messi in atto nel tempo hanno visto crescere le pene nei confronti dei sovversivi, vale a dire chiunque si opponesse a questo (autodefinito) tipo di progresso. Se all’inizio del terzo millennio chi aveva idee tramandate millenariamente nell’uomo e nell’intera natura, subiva la conseguenza di veder ostacolato il suo lavoro e privato delle possibilità di far carriera all’università o nelle scuole, cosi come di accedere al ruolo di attore, musicista o scrittore,  oggi la discriminazione nei confronti dei non allineati è veramente ben più grave di quella che in passato si attuava nei confronti di criminali usciti di prigione. Oggi, chi ha scontato la propria pena, indipendentemente dal reato commesso – che può anche essere di strage o terrorismo – ottiene dallo stato una particolare attenzione per il suo reinserimento sociale e nel mondo del lavoro che spesso si traduce nella costituzione di società commerciali che utilizzano fondi di stato creando una vera e propria concorrenza sleale. Nelle attuali società occidentali (filoamericane) Professori, scrittori, attori, dipendenti di aziende, comuni cittadini perdono il lavoro, o vengono sospesi, o vengono sanzionati, non perché abbiano commesso scorrettezze nell’esercizio della loro professione, ma perché in altri contesti, o in passato, hanno espresso idee non conformi al pensiero dell’élite dominante. Non solo: nella politica delle assunzioni, in particolare nelle facoltà umanistiche, vengono esclusi gli studiosi non allineati all’ortodossia politica dominante.

Tra i risultati già ottenuti dalla corrente del politically correct troviamo la cosiddetta identity politics. Un complesso di teorie, filosofie, rivendicazioni, secondo cui quel che conta veramente non è che persona sei o cosa fai ma a quale minoranza oppressa appartieni, secondo un’interpretazione del tutto particolare del termine “meritocrazia”. Da qui derivano le idee più strampalate, ad esempio che per parlare di donne tu debba essere donna; per parlare di omosessualità essere omosessuale; per parlare dell’Islam essere islamico; per parlare dell’Africa essere africano. Se osi parlare di qualcosa senza essere la cosa stessa sei accusato di «appropriazione culturale».

The Hill We Climb. Parole di coraggio, speranza e futuroLa ventiduenne poetessa afroamericana Amanda Gorman in occasione della cerimonia di insediamento del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, ha letto un suo testo dal titolo “The Hill We Climb”: una performance di grande impatto emotivo rilanciata dai media internazionali e dai social network. Successivamente, nei Paesi Bassi, l’editore Meulenhoff assegna la traduzione della poesia a Marieke Lucas Rijneveld, (vincitore dell’International Booker Prize) considerato uno dei maggiori talenti della nuova letteratura olandese; Questo fa scatenare una contestazione che vede giornaliste e attiviste accusare l’editore di aver preferito un autore bianco e non-binary a svariate scrittrici e poetesse di colore che come traduttrici sarebbero state più indicate. L’editore olandese si è giustificato dicendo che la scelta di Rijnevald era stata approvata dall’autrice ma la conseguenza è che Rijnevald ha rinunciato all’incarico, e l’editore ha annunciato che la traduzione sarebbe stata riassegnata.

Ma da qui deriva, soprattutto, l’idea che nell’accesso a determinate posizioni non contino il talento, la preparazione, la competenza, le abilità, l’esperienza, ma che cosa hanno fatto i tuoi antenati. Se sono maschi bianchi eterosessuali devi lasciare il passo a chi ha antenati più in linea con l’ideologia dominante. Perché i discendenti delle minoranze doc hanno diritto a un risarcimento, e i discendenti dell’uomo bianco (anche se non hanno alcuna colpa) devono pagare per le colpe, vere o presunte, dei loro progenitori colonialisti, oppressori, schiavisti, in ogni caso privilegiati.

Sono passati 50 anni da quando l’ideale dell’eguaglianza, generosamente perseguito da Martin Luther King, che pensava che tutte le differenze di razza, etnia, genere dovessero diventare irrilevanti, perché a contare dovevano essere solo le altre differenze (quelle che fanno di ogni individuo quel che è, con i suoi pregi e i suoi difetti). Ad esso è subentrata l’idea opposta che solo le differenze di razza, etnia, genere contino.

Lo scopo delle grandi istituzioni educative, a partire dalle università, non è più promuovere la conoscenza e ricercare la verità, ma combattere le ingiustizie sociali, riequilibrando le diseguaglianze con azioni positive, che privilegiano determinate minoranze e penalizzano maggioranza e minoranze non protette, prescindendo dai meriti e dalle capacità di ogni individuo.

Così la parabola della cultura liberal si compie. L’ideale di Martin Luther King e di tanti leader illuminati del passato – sconfiggere le discriminazioni con l’eguaglianza – si capovolge nel suo contrario: instaurare l’eguaglianza attraverso le discriminazioni.

 

Ma chi giova questo e dove può portare nel corso di 10, 20, 30 anni?


tratto da un articolo di apparso sul quotidiano della famiglia agnelli

Come nasce il politically correctultima modifica: 2021-11-22T11:49:00+01:00da fab_kl
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