Nascita dell’Ucraina
Anche negli anni sessanta, come anche oggi, gli Stati Uniti erano impegnati in una guerra, quella volta nel Vietnam, ma non c’è davvero da sorprendersi: si tratta di una nazione molto aggressiva che è stata quasi sempre in guerra nei suoi duecento anni di storia.
Anche allora la narrativa sosteneva che gli americani stavano generosamente difendendo la libertà e la democrazia in un paese molto lontano dalle loro coste, dall’aggressione considerata ingiustificata da parte della Russia (demoninata dittatura, come oggi). Anche in quel caso il peso maggiore della guerra era sostenuto dall’armata indigena, completamente sovvenzionata, addestrata e diretta dagli americani, che combatteva contro l’esercito di liberazione nazionale vietnamita, supportato logisticamente dai sovietici.
Anche allora i due eserciti vietnamiti parlavano la stessa lingua.
Anche stavolta la narrativa sostiene che gli Stati Uniti sono impegnati a difendere la libertà e la democrazia di uno stato sovrano situato a migliaia di chilometri dalle loro coste aggredito senza motivo da una feroce dittatura.
Durante tutto il periodo della guerra in Vietnam, nessuno degli alleati europei, che allora godevano di ben altra autonomia e di ben altro dibattito interno rispetto ad oggi, si sognò mai di inviare armi o finanziamenti al governo fantoccio del sud, poiché avrebbe significato anzitutto impegnarsi in una guerra non difensiva, cosa che tutte le costituzioni europee sostanzialmente proibivano, ed inoltre subire gli strali di un’opposizione interna organizzata e combattiva. Avrebbe significato mettere in pericolo la crescente prosperità europea, i popoli di allora non l’avrebbero permesso.
In quel tempo, nel parlamento italiano erano rappresentate molte posizioni politiche (ed altre erano presenti nel paese e si facevano sentire), ma la divisione che le riassumeva tutte era quella tra destra e sinistra. Rispetto agli “alleati” americani ed alla loro guerra, si può in sostanza affermare che la destra era favorevole e si sentiva rappresentata e difesa dagli statunitensi, mentre la sinistra era contro la guerra e i misura più o meno forte anche contro l’operato delle amministrazioni americane in genere.
L’America, insomma, era rispetto alla politica italiana qualcosa che stava a destra. La sinistra si richiamava a più o meno grande distanza, all’Unione Sovietica.
Oggi in Europa la posizione politica è univoca e completamente appiattita sulla posizione americana: in altre parole non esiste un’opposizione, nessuna idea differente da quella del governo è istituzionalmente rappresentata e tanto meno può essere proposta senza subire censura o linciaggi mediatici. La mancanza di opposizione è segno caratteristico della mancanza di democrazia.
Da notare anche una curiosa inversione rispetto alla divisione destra/sinistra, nonostante nella situazione attuale abbia ben poco significato e sulla quale si insiste ancora solo per motivi di differenziazione tra le forze che si contendono/spartiscono il poco potere rimasto al nostro sistema statale: ai tempi del Vietnam la sinistra era per la pace e quindi ferocemente contro gli americani, adesso coloro che si richiamano alla sinistra sono più intransigentemente dalla parte degli americani – e quindi della guerra – di quanto non siano i rappresentanti della destra che, pur non uscendo mai dal solco prestabilito dai poteri esteri che ci guidano, hanno un atteggiamento che definirei meno entusiasta.
Cosa è accaduto: innanzitutto è stato indotto diffusamente il timore che la Russia voglia conquistare l’intera europa come fece Hitler nella seconda guerra mondiale . L’apparecchiatura mediatica ha talmente riproposto questo concetto in tutte le forme, ottenendo il risultato che la maggior parte delle persone fino a ieri non conoscevano nemmeno quale fosse la capitale dell’ucraina, oggi la considerano fraternamente europa e ne sventolano la bandiera.
Insomma l’ America non è più la “destra”, come negli anni sessanta e settanta, oggi è per qualche verso la “sinistra” ma curiosamente il governo fantoccio attraverso il quale combatte in Ucraina, si richiama ad un’ideologia e ad un simbolismo ferocemente di destra.
Ecco quindi che la sinistra mette da parte la pace ed innalza a valore assoluto le frontiere ed i confini da difendere anche a costo della vita, dimostrando ancora una volta la difficoltà di definire concetti stabili nei tempi e nei luoghi grazie ad un’incoerenza determinata dalla facilità con cui vengono manipolate certe presunte convinzioni .
Nessuno si chiede – inspiegabilmente – chi abbia deciso quei “confini” che Vespa definisce “costituzionalmente riconosciuti” (???) per la difesa dei quali l’UE e l’intero occidente mettono a rischio la loro economia e benessere riesumando addirittura possibilità di conflitti nucleari ormai non più del tutto escludibili lo erano come due anni fa.
Molti sono convinti che ci siano state lotte per l’indipendenza o rivoluzioni, in realtà non l’ucraina non ha mai combattuto per la propria indifindenza fino ad oggi. Negli ultimi secoli, sulla scia della rivoluzione russa, si costituì un movimento nazionale ucraino per l’autodeterminazione e il 23 giugno 1917 venne fondata la Repubblica Popolare Ucraina che divenne – con diverse peripezie – un membro fondatore dell’Unione Sovietica nel 1922; la nazione tornò ad essere indipendente quando, a seguito della dissoluzione dell’URSS, il parlamento ucraino approvo la dichiarazione d’indipendenza e si dichiarò uno Stato neutrale indipendente pur rimanendo a far parte di quella che era una limitata associazione militare con la Russia ed altre nazioni denominato CSI Comunità degli Stati Indipendenti Nel 1996, giunse la nuova Costituzione e nel nel dicembre del 2004 l’Ucraina divenne una Repubblica parlamentare. Come riportato da Repubblica “L’ indipendenza non ha generato grandi manifestazioni di giubilo: in giro non si è visto alcun trionfalismo, nessuna gioia. Un popolo stanco, sfiduciato, ha votato per l’ indipendenza come “ultima chance” di cambiare qualcosa nella vita di tutti i giorni. “
Ben pochi davano importanza alla linea di confine, in un periodo che vedeva sconvolgimenti politici mondiali (nello stesso perioodo si resero autonome la Moldavia, Bielorussia, Georgia, Paesi baltici…) ormai senza controllo che scatenavano lotte per l’accaparramento di ricchezze prima statali e d’un tratto divenute di proprietà di personaggi cui l’occidente poteva solo legittimare il possesso ad emeriti sconosciuti.
Fu proprio la scarsa attenzione riposta nel tracciare il confine ad avviare inclusioni forzate di popolazioni ben distanti da Kiev e poco disposte ad avere trattamenti di secondo piano esattamente come successe nl nostro Ticino ai tempi di Cesare Battisti quando Trento era una provincia austro-ungarica ed anche per questo l’Italia dichiarò guerra all’Austria, ritrovandosi coinvolta nella Prima Guerra Mondiale.
Vi sarebbe da chiedersi perchè mai la sinistra e i difensori del’autonomia dei popoli, non si schierino dalla parte di chi vuole far terminare le violenze ed i soprusi verso la popolazione russa presente all’interno dei confini Ucraini. basta vedere le squadre come di calcio nelle quali non possono giocare ucraini, basta vedere l’assenza di popolazione giovane e di scuole nei territori del donbass, per far sorgere il dubbio che sarebbe meglio verificare quale sia la reale situazione.
Invece sono in molti a ripetere la frase secondo la quale “aver riconosciuto quei territori come russi ed averli invasi militarmente per ristabilire l’ordine” (non si sta parlando di Israele e dei territori occupati ma della Russia) fa sì che non sia possibile nemmeno tentare un dialogo per ristabilire l’ordine, evidenziando come la priorità per l’occidente non siano le vite umane bensi i territori che la russia otterrebbe.
Che dire, se questi sono gli italiani, si può dire che si sono trasformati da alleati subordinati, ma con una certa autonomia e con un certo gioco politico interno quali erano ai tempi del Vietnam, a colonie rette sostanzialmente da governatori nominati da fuori, dotati di autonomia puramente amministrativa e con all’interno nessuna rappresentanza di idee politiche eterodosse in nessun aspetto rilevante della vita pubblica.
In sostanza si tratta di un pensiero unico e, a rigor di logica, il pensiero unico non può essere a destra o a sinistra di se stesso.