Dalla Lotta di classe alla lotta di genere

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La pseudo-sinistra ha completato una conversione comune a molti: è passata dalla dittatura del #proletariato alla dittatura del “progretariato”. Un neologismo ben descrive il transito da #comunisti a #progressisti.
Gran parte della sinistra, senza abbandonare l’albagia della superiorità morale e il sovrano disprezzo per le idee altrui, si è ridefinita in senso individualista, liberal libertario e perfino mercatista.
#Marx e #Engels interpretavano la storia come lotta eterna tra padroni sfruttatori e servi sfruttati, a cui avrebbe posto fine la dittatura del proletariato finalmente liberato dalle sue catene.
Grazie alla tambureggiante azione mediatica – sia dell’informazione, sia di film, intrattenimento e musica – negli ultimi anni la lotta di classe è stata redirezionata grazie al graduale influsso, inpercettibile ma sempre crescente, di varie correnti di pensiero post moderno che ne ha capovolto i suoi fondamenti teorici, sostituendo la lotta di classe con la guerra tra identità nemiche, nuovi motori della storia.
Sfruttatori e sfruttati, dominatori e dominati non sono più identificati rispetto alla posizione economica ma in base all’ identità etnica, di genere e all’ ”orientamento sessuale”.
2bVghxsB Ne ha parlato con preoccupazione Luca Ricolfi, un intellettuale di sinistra che non ha portato il cervello all’ammasso e per questo sopporta attacchi velenosi da parte di “duri e puri” alla Gad Lerner un “duro e puro” appartenente alla casta della religione intoccabile.
Così, grazie alla casta #filoamericana ed ai #terrapiattistisessuali, la parabola della cultura liberal si compie. L’ideale di sconfiggere le discriminazioni con l’eguaglianza, si capovolge nel suo contrario: instaurare l’eguaglianza attraverso le discriminazioni.
E’ facile immaginare come nell’immaginario adolescenziale sia molto più attrente una lotta che lasci intravedere la possibilità di grandi e innumerevoli #scopate e #ammucchiate di ogni tipo, rispetto la lotta per i lavoratori…..
Ecco quindi che le nuove forze delle generazioni che verranno acclamano un’altra dittatura: quella del “progretariato”. Una delle caratteristiche è la discriminazione nei confronti dei non allineati: “Professori, scrittori, attori, dipendenti di aziende, comuni cittadini perdono il lavoro, o vengono sospesi, o vengono sanzionati, non perché abbiano commesso scorrettezze nell’esercizio della loro professione, ma perché in altri contesti, o in passato, hanno espresso idee non conformi al pensiero dell’élite dominante. Non solo: nella politica delle assunzioni, in particolare nelle facoltà umanistiche, vengono esclusi gli studiosi non allineati all’ortodossia politica dominante.
La dittatura del progretariato è figlia della cultura della cancellazione, il fenomeno che vuol farla finita con tutto ciò che sostiene la nostra civiltà e convivenza: libertà di espressione, di insegnamento e di parola, rispetto del passato e del pensiero critico. Perfino la presunzione di innocenza frutto del diritto romano è attaccata dal femminismo radicale per gli atti definiti “violenza di genere”; la libertà individuale è ristretta da prescrizioni sempre più stringenti.
E le nuove identità si sostengono l’un l’altra. Ecco quindi che nelle menti incapaci di elaborare pensieri complessi, si assimilano razzismo e migranti (se sei contro l’immigrazione incontrollata sei razzista), gay e donne (se non sei favorevole ai gay significa che sei maschilista) e probabilmente per un istinto consumistico o forse per non dover rispettare il passato ed imparare da qualcuno, si arrivano a conclusioni semplicistiche con la voglia ansiosa di applicare un’etichetta e applicando quell’etichetta ci si sente superiori. In tempi di benessere – delle classi dove maggiormente attecchisce il progretariato – uomo/donna, bianchi/resto delle razze, eterosessuali/LGBTQI+, passato/presente, sono antagonismi più facili da far penetrare nell’immaginario delle masse rispetto alla polarità marxista padrone-operaio.

La conseguenza è che non contano più il talento, la preparazione, la competenza, le abilità, l’esperienza. Conta solo cosa hanno fatto i tuoi antenati. Se sei maschio bianco eterosessuale devi lasciare il passo a chi ha antenati più in linea con l’ideologia dominante. E cosi nel #progretariato i figli si ritrovano ad essere condannati a pagare le colpe dei padri, anzi dei bis-bis-bis-nonni. Perché i discendenti delle minoranze doc hanno diritto a un risarcimento, e i discendenti dell’uomo bianco (anche se non hanno alcuna colpa) devono pagare per le colpe, vere o presunte, dei loro progenitori colonialisti, oppressori, schiavisti, in ogni caso privilegiati.”

La società, quindi, non deve più “promuovere la conoscenza e ricercare la verità, ma combattere le ingiustizie sociali, riequilibrando le diseguaglianze con azioni positive che privilegiano determinate minoranze e penalizzano maggioranza e minoranze non protette, prescindendo dai meriti e dalle capacità di ogni individuo.” Razzismo rovesciato: la più reazionaria e aggressiva fra le ideologie contemporanee.

Chi si è liberato di ogni convinzione, fede o appartenenza comune, in mancanza di una direzione si trasforma in odio della verità, negazione programmatica.

Il “progretariato” finisce per prestare fede a autentici spropositi: non si nasce uomini o donne, lo si diventa; i sessi non sono due, ma decine; gli “orientamenti sessuali” sono mutevoli ed equivalenti; la maternità non è assegnata alla donna dalla natura – declassata a “biologia”- bensì dal dominio del patriarcato eterosessuale; non esiste il latte materno, ma il “latte umano”; la madre , “genitore uno”, è declassata a  “genitore alla nascita”; il maschio è strutturalmente violento contro la femmina e così via.

La più recente acquisizione del progressismo è la cosiddetta “teoria critica della razza” (CRT, critical race theory, nell’acronimo anglofono), un’altra creazione uscita dalla cornucopia delle università americane. La CRT negli ultimi dieci anni è diventata negli Usa la nuova ortodossia istituzionale. L’idea centrale è che il razzismo non è il prodotto di pregiudizi o convinzioni individuali, ma un concetto incorporato nei sistemi legali e nelle politiche. La razza non è una caratteristica naturale biologicamente fondata di gruppi di esseri umani fisicamente distinti, ma una categoria socialmente costruita (inventata culturalmente) che viene utilizzata per opprimere e sfruttare le persone di colore.
Un altro settore della dittatura del progretariato riguarda il genere: per evitare di offendere – la nostra è l’era della suscettibilità organizzata derivata dalla permalosità tipicamente angloamericana – dovremmo chiedere a chiunque, prima di esprimerci, se preferisce che gli/le/l* rivolgiamo la parola al maschile, al femminile o al neutro (!!!). E’ di gran moda tra i giovani l’asterisco finale nella comunicazione scritta (car* collegh*): codici da utilizzare per non incorrere nei reati di sessismo, razzismo, discriminazione. Non si può più dire “donne con le mestruazioni”: meglio “persone con le mestruazioni”.
E cosi mentre nella Carmen la protagonista non viene più uccisa da Don Josè (imperdonabile apologia del femminicidio) si candida all’oscar il film di una donna che ha ucciso il proprio marito (non avendo saputo accettare il divorzio (e la ricchezza cui ha dovuto rinunciare) il cui ruolo viene affidato ad una eroina mondiale dei giovani come Lady Gaga. E’ sconcertante, ma per niente sorprendente, vedere come viene esaltato il film dove una donna FA #UCCIDERE IL MARITO e la quantità di giustificazioni che, nel film e nelle presentazioni, vengono addotte per giustificare l’omicidio del marito dovuto a non aver saputo accettare il divorzio.
E’ indicativo che il ruolo dell’assassina (che mai viene presentata tale) sia addirittura interpretato da Lady Gaga, simbolo di miliardi di ragazzine nel mondo.
“Una lettera d’amore all’Italia e un messaggio di profondo rispetto per la vostra cultura”: così Lady Gaga vede ‘House of Gucci’, il film (dal libro di Sara #GAY Forden, un nome una garanzia) in cui interpreta P. Reggiani, che commissionò l’omicidio del marito Maurizio Gucci e che nonostante la condanna, è già in libertà dal 2013 ma nessuno si scandalizza per questo.

Molti #castratipsichici dovrebbero chiedersi quante saranno le ragazzine e le donne che emuleranno il #maschicidio del film e nel farlo si sentiranno approvate dai loro idoli e quindi si sentiranno nel giusto? A guardare bene, è già ben diffuso il #pregiudizio nei confronti delle donne che scatenano la loro violenza verso gli uomini. Sono già in molti a giustificare la #violenza femminile con il fatto che ci siano stati casi di uomini che hanno esercitato violenza verso #donne. Una specie di rappresaglia sociale che affonda le radici nel progretariato e nei suoi concetti: chiunque appartenga a quel genere (maschio bianco etero) è responsabile, in solido, come se fosse colpevole dei crimini e per questo meritevole di punizione. Un concetto che si bassa sull’appartenenza e quindi sul sessismo e sul razzismo.

E’ un concetto analogo a quello che non ha dato alcun beneficio sociale e che porta a giustificare ladri e criminali in quanto si presume che siano giunti al #crimine perchè affamati o perchè trattati male dalla società.

Un film sulla famiglia Gucci, quindi ben direzionato verso le elite borghesi e i vari promulgatori consapevoli o inconsapevoli di questa lotta di genere il cui scopo è quello di far dimenticare la lotta di classe. #Hollywood fornisce il suo consueto apporto all’imperialismo culturale e grazie a questo film si propone di innalzare un’assassina al livello di Che #Guevara.
Quali saranno le conseguenze sociali di una simile mentalità inculcata sempre più in profondità in ogni persona?

Dalla Lotta di classe alla lotta di genereultima modifica: 2021-11-18T12:25:03+01:00da fab_kl
Post Categories: #Belpensiero Buonista, #CONSUMISMO NUOVA RELIGIONE, #Democrazia Baggata, #Direzionamenti