I partiti fanno PUBBLICITA’ non propaganda

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“Mio nonno è un pò confuso.”
“Perché dici cosi’?”
“Perché l’altro giorno ha visto Mastrota che vendeva le pentole in TV e ha detto: ‘Io voto per questo qui”.

20-COME-FUNZIONA-IL-BONUS-PUBBLICITÀ-20172018Se osserviamo bene oggi i partiti NON FANNO PROPAGANDA, FANNO PUBBLICITÀ.
D’altra parte se il pubblico si beve tutto quello che dice la pubblicita’ perche’ non dovrebbero beversi quello che raccontano i partiti poliniti? Anzi, dato che la gente e’ talmente abituata a essere continuamente bombardata (nella cassetta della posta, sui tergicristalli, sms, email, cartelloni stradali, tv, radio, giornali….) dalla pubblicita’ che non solo non se ne accorge ma pensa di esserne immune. Parlando in una maniera diversa ci sarebbe un istintivo distacco, una diffidenza verso cio’ cui non si e’ abituati…… Non dimentichiamoci che 20 anni fa e’ stato fatto un referendum sul permettere o meno la pubblicita’ nei film ed il popolo ha detto che vuole la pubblicita’ dimostrando cosi di non avere idea di cosa puo fare.

I partiti quindi devono promettere cose non vere, esattamente come fa la pubblicita’ …… questo vuole la gente!

Non solo: se la pubblicita’ prevale sulla propaganda, anche i metodi per raggiungere le persone dovranno essere diversi. Ecco quindi che prendono forza quelle societa’ in grado di vendere pubblicita’ personalizzata, prime fra tutte Facebooke e Google che riescono a modificare quantita di opinioni immense grazie agli stessi algoritmi usati per la pubblicita’  (segue)

La politica è diventata una pratica di consumo più che l’espressione di un’ideologia, non rappresentando più delle istanze sociali definite (di cui pur ci sarebbe grande bisogno) ma limitandosi a raccontare una storia dalla quale sempre più persone si sentono estranee, anche la politica si consuma come se fosse un bene, una merce da sfoggiare al pari di un paio di scarpe. Non votiamo più in base ai nostri ideali, che sembrano aver perso qualsiasi validità, e non votiamo più il partito che propone o rispetta i nostri ideali, perché semplicemente non esistono più: votiamo il partito che risulta sulla base del nostro sistema di consumo e della nostra personale bolla mediatica.

Durante la fine degli anni Ottanta, si è costruito quel clima culturale capace di preparare un certo modo di intendere la politica basato sull’esaltazione del privato, della liberazione dei desideri, contro la retorica dell’impegno sociale e spostando l’idea di partecipazione dall’ideologia e portandola al consumo. Saltando l’impegno sociale si è atomizzata la società e distruggendo — rendendole prima inutili, poi caricaturali — le occasioni di aggregazione pubblica e ha messo in crisi l’idea di politica come pratica collettiva trasformandola in consumo attraverso slogan vuoti, quello che Umberto Eco ha definito «populismo mediatico», in cui la parola diventa vuota e quindi capace di significare qualsiasi cosa. Sono Slogan Vuoti i due partiti di questo periodo Partito Democratico (come se ci fosse qualcuno anti-democratico) e Forza Italia (come allo stadio) .

È il trionfo del consumatore isolato, dell’iper-individualista sfrenato convinto che le sue battaglie siano quelle di tutti, l’espressione più naturale e immediata del malessere e della solitudine di un “cittadino globale”

 

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