Consumismo compulsivo, trappola d’oro per la mente insaziabile

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Viviamo costantemente immersi in una società consumistica che ci vuole perennemente consumatori, acquirenti, di un numero sempre più crescente di beni, prodotti e servizi.
Ogni anno cambiano le mode e dalle passerelle arrivano le nuove tendenze che ci impongono di aggiornare il guardaroba per essere al passo coi tempi, belli e attraenti come la società ci richiede.
Vengono continuamente sfornati nuovi e sempre più prestanti modelli di smartphone, iphone, prodotti informatici, automobili, e così via. L’intera economia del mondo occidentale si fonda sul ruolo sociale del consumatore, sul suo potere d’acquisto, e su costruzioni psicologiche condivise che identificano il raggiungimento di un determinato stato psicologico interiore (benessere, felicità…) con il conseguimento di un risultato, spesso “monetizzabile”.Il concetto di felicità infatti, nella nostra cultura, coincide spesso con l’idea del perseguimento di un obiettivo soggettivo (“sarò felice quando avrò quel lavoro”, “sarò felice quando mi sposerò”…), e una volta raggiunto, la felicità viene continuamente posticipata e demandata all’obiettivo successivo, in una continua rincorsa a qualcosa di inafferrabile.
Entro questa più ampia costruzione sociale della felicità, si inscrive anche la psicologia del consumismo che, attraverso un marketing efficace e persuasivo, propone ai potenziali acquirenti il proprio modello di felicità: l’acquisto della casa dei sogni, dell’automobile di lusso, le scarpe di marca, il viaggio esotico da sempre sognato.
Così passiamo la vita a lavorare e produrre, per poter disporre del nostro potere d’acquisto come consumatori; acquistiamo, consumiamo, buttiamo, acquistiamo di nuovo.
Ma la felicità, questa sconosciuta dispettosa, rimane sempre altrove.
In questo modello di felicità, si inserisce anche un altro aspetto psicologico e sociale su cui le strategie pubblicitarie fanno leva: l’offerta continua di modelli di identificazione ai quali aderire attraverso l’acquisto di determinati prodotti.
Il messaggio del marketing propone i suoi prodotti come status symbol di una precisa identità sociale, alla quale ci è richiesto di uniformarci per poter essere apprezzabili e socialmente integrati.
Questo messaggio comincia così a penetrare nell’inconscio collettivo, e a creare modelli culturali che tendono a radicarsi quanto più vengono condivisi, rafforzando sempre più la cultura del consumismo. Non è più solo la pubblicità a proporre il più recente modello di smartphone o le ultime tendenze della moda, ma è la società stessa a consolidare l’idea dell’acquisto di alcuni beni come parte della costruzione dell’identità sociale dell’individuo.
Ma davvero noi siamo e ci accettiamo in base a quello che possediamo, indossiamo, consumiamo, produciamo, raggiungiamo?

Il circolo vizioso del consumismo compulsivo

La trappola d’oro del consumismo alletta facilmente i meccanismi complessi della nostra mente evoluta, sempre avida di stimoli e alla perenne ricerca di qualcosa in cui tenersi impegnata.
Essa ricalca l’abitudine compulsiva della mente a ricercare continue forme di appagamento- siano esse materiali, sensoriali, psicologiche o relazionali- che possano soddisfare quel bisogno incessante di raggiungere una felicità perennemente sfuggente.
Alla base di questa rincorsa- che assume più la forma di una corsa sul posto, come quella di un criceto entro la sua ruota- vi è il desiderio, come anelito interiore proteso verso qualcosa.
E tale desiderio si concretizza facilmente, entro i nostri condizionamenti culturali, nella brama anche di oggetti materiali ben identificabili e quantificabili.
La mente cade così preda di quell’illusione che vede nell’acquisto e nel consumo la realizzazione materiale dell’aspirazione all’appagamento.
Vogliamo, quindi consumiamo.
Magari ciò che realmente vorremmo, ad un livello profondo, non è nemmeno l’orologio nuovo o il prossimo viaggio, ma la condizione interiore di insoddisfazione ci porta a identificare la gratificazione con oggetti per noi più vicini e afferrabili.
Il problema è che il desiderio non è soddisfatto finché non è esaudito, e non sarà mai esaudito completamente finché continuiamo a volere.
Dal momento che il desiderio è potenzialmente senza fine, continuerà a determinare uno stato interiore di continua ricerca inesauribile.
Ed è proprio questa a renderci infelici.
Si perpetua così uno schema: vogliamo, compriamo… e soffriamo. E allora compriamo ancora.
Il marketing fonda il successo proprio su questa illusione di desideri infinitamente insoddisfatti e di risorse illimitate- la stessa illusione che, come rovescio della medaglia, nutre l’infelicità individuale e collettiva, mentre porta all’esaurimento delle risorse di un mondo che rischia di essere devastato da questa fame atavica.

  • Personalmente dubito molto che la mnente abbia una forma tale da cercare in continuazione l’appagamento. Se cosi fosse, la mente delle popolazioni NON occidentali dovrebbe avere lo stesso continuo bisogno di appagammento, ma in realtà non è cosi e non è così nemmeno per gli animali.  La mente sa bene quali sono i bisogni primari e quelli secondari e grazie a questa conoscenza l’uomo è in vita da migliaia di anni. Il consumismo però ha modificato questa priorità con tecniche da lavaggio del cervello che hanno creato ad arte nuovi bisogni artificiali dei quali la mente è diventata schiava

Coltivare la consapevolezza per uscire dallo schema

Continuare a mettere energia entro questo circolo vizioso non fa altro che alimentarlo: ogni volta che cediamo all’impulso di un acquisto per soddisfare uno stato interno più profondo di insoddisfazione, andiamo rinforzare questo schema mentale, posticipando così sempre più l’incontro reale con noi stessi e con quello che è presente in noi ad un livello più profondo di consapevolezza.
Non solo. Ma allo stesso tempo, stiamo anche creando e ricreando quello schema mentale condiviso socialmente che identifica nei beni di consumo una serie di modelli di felicità e di integrazione sociale.
Non si tratta, chiaramente, di abdicare completamente al ruolo del consumatore, ma di rendersi in grado di fare scelte che ci conducano a una felicità più piena e autentica, entrando in contatto con la parte più intima di noi.
Uscire dallo schema è possibile coltivando la consapevolezza del nostro agire e dei nostri stati interiori.
In uno dei prossimi articoli vedremo alcuni modi per farlo.

Consumismo compulsivo, trappola d’oro per la mente insaziabileultima modifica: 2020-02-19T11:48:04+01:00da fab_kl
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