Gli psicologi al servizio del consumismo
Quando si perde il diritto ad essere aiutati anche psicologicamente si diventa prede del mercato farmaceutico che ha una pillola per ogni problema e, se i problemi non li hai, te li crea.
Diceva Bauman che laddove la società sempre più liquida perde radici, tradizioni e paradigmi culturali, chi non riesce ad omologarsi cerca disperatamente un’identità sociale riconosciuta, sia essa una setta, una bandiera o un logo colorato, in cui identificarsi pur di sentirsi parte di qualcosa.
I nostri bistrattati giovani, gli adolescenti che in numero sempre maggiore presentano depressione, disturbi della personalità, atti di autolesionismo ecc. dove sono stati rinchiusi in questo lunghissimo periodo di lockdown? Nei social, e lì hanno cercato la propria identità.
Molti psichiatri e neuropsichiatri infantili stanno rilevando che oggi i ragazzi in terapia non sono alla ricerca di un aiuto all’introspezione, non cercano la forza di affrontare nuovi riti di passaggio per emanciparsi dalla famiglia e accedere alla realizzazione del sé.
No, da due anni questi ragazzi concentrano sempre più numerosi il proprio disagio nell’identità sessuale.
È il non sapere di che sesso sei, il trend del momento.
Poiché lo stigma etero allontana dai “gruppi più fighi”, con il pericolo di essere isolati come omofobi, questi giovani frequentano gruppi social in cui si discute esclusivamente di sesso incerto, a-sessualità, in cui lo stesso desiderio erotico viene colpevolizzato, poiché caratterizza un’identità sessuale definita. Il tutto ammantato di scientificità inesistente ma sopratutto di un #ultraromanticismo ormai padrone del pensiero dominante che ha totalmente sconfitto – come già avvenuto in passato – quell’illuminismo razionale ben capace di vedere la realtà che si presenta dinnanzi agli occhi senza alcun bisogno di occhiali culturali che ne traducano ogni aspetto.
La proliferazione illimitata delle categorie di appartenenza sessuale non contempla, infatti, il reale, né si organizza in relazioni sociali. E’ la percezione del sé, come immagine da offrire e imporre agli altri. L’identità sessuale diventa la corazza, il rifugio, che nessuno deve permettersi di mettere in discussione. È un diritto. Un diritto civile e come tale non deve incontrare ostacoli o incertezze: è libertà.
Alla domanda degli #psicologi e degli #psicoanalisti se hanno mai frequentato gruppi gender fuori dai social, la quasi totalità risponde negativamente. Non sono usciti dai social, perché sono i social, i gruppi virtuali, che hanno permesso loro di potersi nascondere dietro un avatar e ottenere il riconoscimento identitario negato altrove, in una nuova dinamica sociologica di trasgressione dalle norme e dalle regole, sempre ben presente e necessaria alla realizzazione dell’originalità del proprio carattere e della propria personalità.
A guardare bene si trovano molti punti in comune con quei cantanti e rockstar che, negli anni 80/90 e forse anche dopo, per emergere e diventare famosi hanno puntato sull’omosessualità o sull’ambiguità sessuale per passare avanti ad altri che magari erano bravi musicalmente ma con una personalità standardizzata. E molto spesso la scorciatoia ha funzionato benissimo. La conseguenza più scontata è che molti giovani facciano la stessa scelta, consapevolmente o meno.
Purtroppo la libertà di essere ciò che si vuole in una società neoliberista, significa mettere al primo posto le colorate campagne arcobaleno, finanziate da Amazon e Dolce e Gabbana, a dispetto dei diritti socioeconomici, alla salute, alla vita, al lavoro.
Significa cancellare con un pennarello arcobaleno gli operai Sicobas, Whirlpool, Ex-ilva….. Solo chi indossa occhiali culturali ben spesso, non vede il redirezionamento delle masse dalla lotta di classe alla lotta di genere.
Cosa sarebbe oggi la “sinistra” senza le battaglie e gli inginocchiamenti Black lives matters o gli arcobaleni? Ma questo è un altro discorso
In un passato recente abbiamo presuntuosamente ritenuto che la scienza e le tecnologie fossero superiori alle leggi naturali ed abbiamo sottovalutato le reazioni della natura all’aumento indiscriminato di produzione e consumismo. C’è il rischio che si ripeta l’errore? O forse non è un errore inquinare l’inquinabile.Sembra proprio che ci sia un’analogia tra rapporto col corpo e rapporto con l’ambiente: Abbiamo fallito sul secondo, possiamo mettere in dubbio le pratiche di ‘normalizzazione’ del primo?Le psicopedagogie moderne sembrano proprio intenzionate a ripetere lo stesso errore. Tra gli psicologi ben indottrinati attraverso le masterizzazioni in paesi USA-UK – sono ben pochi quelli che si pongono la domanda :”La psicologia deve aiutare a rimanere in strada o deve aiutare a imboccare strade diverse.“
Lo stravolgimento deontologico da alcuni anni ritiene che non sia doveroso aiutare un bambino a convivere con il proprio corpo e con il proprio sesso bensì sia dovere principale della psicologia quello di proporre a TUTTI i bambini diverse possibilità di essere maschio (tutte in direzione femminile) con diverse tonalità tra le quali poter scegliere sulla base del volere genitoriale e della volontà contingente del bambino.
A questo punto – vista la parallela evoluzione riguardo la convivialità delle persone con gli animali domestici ormai ritenuti membri della famiglia – se un bambino o un adolescente dice di sentirsi “cane” (molti fanno dormire i cani con i figli ed è evidente il fortissimo rapporto emotivo), la psicologia ritiene forse di avere il compito di aiutare il bambino a farsi cresce la coda e comunicare abbaiando o dovrà avere il compito di fargli capire che lui è nato con due gambe, due mani e sopratutto la capacità di comunicare ai propri simili pensieri profondi e conoscenze acquisite?
Se questo esempio non risulta sufficiente a smontare l’intera architettura psicopedagogica – colpevole anche di aver puntato sempre piu sull’uguaglianza uomo-animale e spingendo verso una regressione sociale a livello animale dei paesi ritenuti più evoluti – sipossono prendere in considerazione gli atteggiamenti da adottare in psicologia nel caso in cui si presentano adolescenti che vogliono cambiare sesso perché “si sentono brutti o si sentono rifiutati mentre come donna sarebbero più ricercati. Come si comporterebbero gli arcobalenati?
E come si comporterebbero gli psicologi nei confronti di chi alcuni giorni vorrebbe essere donna ed altri uomo?
Da decenni il DSM (Diagnostical and Statistical Manual of Mental Disorders, giunto alla sua quinta edizione), elaborato da psichiatri americani, è la Bibbia di gran parte degli specialisti in Occidente. Esso è considerato la vetta della psichiatria scientifica in campo diagnostico.
Sergio Benvenuto smonta pezzo per pezzo questa pretesa di scientificità, denunciandolo come “manuale Cencelli” delle correnti psichiatriche americane, frutto di compromessi politici e ideologici. L’autore focalizza la sua demistificazione in particolare sulla valutazione dei disturbi a carattere sessuale (perversioni, transessualismo, disfunzioni sessuali), criticandone la pretesa di essere un metro di giudizio medico sui comportamenti e i desideri sessuali. Scritto allo stesso tempo in modo leggero e rigoroso, il presente volume situa dibattiti in apparenza di tipo specialistico nel cuore delle grandi battaglie per i diritti civili, della mutazione del costume, del nuovo ruolo della donna nella società. Di fatto prosegue ai giorni d’oggi la storica critica di Foucault al trattamento della follia nei secoli scorsi.